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 "Voglia di rinascita"

 

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Il desiderio più grande di mio padre era prendere una laurea, non le tre stelle Michelin. Il pensiero del padre di Massimo Bottura non è diverso da quelli di tutti gli altri genitori: un figlio intelligente è un figlio laureato.

E chissà quante volte, vedendolo chino in cucina  a provare e riprovare una ricetta, seguendo le sue ispirazioni artistiche, avrà rimpianto che non fosse un avvocato, un medico o chiunque con un lavoro "sicuro" e ben pagato...forse solo all'ottenimento delle ambite stelle si sarà convinto che suo figlio è bravo e intelligente comunque, anche se non ha fatto ciò che lui si aspettava.

Il suo, dicevo, è un pensiero comune in quanto retaggio delle vecchie generazioni: in passato, siccome solo i figli dei ricchi potevano permettersi di studiare all'università, se il pargolo di una famiglia modesta ci si iscriveva, ottenendo la laurea, voleva dire che era davvero intelligente, perché ce l'aveva fatta da solo, senza l'aiuto del Dna di famiglia.

Al giorno d'oggi invece, la situazione è cambiata: quasi tutti, finite le superiori, vanno all'università, col risultato che "è molto più raro trovare un bravo muratore che un bravo ingegnere", o almeno così si dice. Ecco quindi che misurare l'intelligenza in base al titolo di studio risulta ancora più pleonastico.

Io non lo chiedo mai, quando incontro una persona...non ne ho bisogno...mi basta parlarci per capire se è intelligente o no. Può anche sfoggiare una cultura da Premio Nobel ma se non si dimostra aperta mentalmente e sempre disposta a mettere in dubbio il proprio sapere e imparare, allora intelligente non lo è di certo. Non importa la professione che fai: nella vita non puoi sapere tutto e bisogna avere l'umiltà di riconoscerlo e darne merito a chi ne sa più di te. Io sono laureata ed ho un dottorato di ricerca eppure, se mi si ferma improvvisamente la macchina, l'unica cosa che so fare è telefonare al mio meccanico (che ha finito le medie per miracolo): io sono più intelligente nello scrivere, lui nel riparare le auto...1 a 1, palla al centro. Quando mi ritrovo a cena con un gruppo di persone, perciò, mi sento intellettualmente stimolata se la conversazione è brillante su una moltitudine di argomenti: dalle serie tv alla politica, dalle battute sconce al rapporto con la spiritualità....non se mi ritrovo con professionisti che non conoscono nulla al di là della propria carriera e di se stessi. Certo, ci sono anche laureati divertenti e non laureati stupidi, ma non è la norma.

In genere, mi piacciono le persone che non si crogiolano nel sapere o nell'ignoranza: frasi come "ho un titolo di studio per cui non mi metto a parlare con certe capre" oppure "non ho studiato per cui rimarrò sempre un asino" mi mandano in bestia, letteralmente, perché non sei il genio assoluto e non è vero che non si può migliorare...mia nonna, a 90 anni suonati, diceva che si sentiva giovane quando imparava qualcosa di nuovo, qualsiasi cosa, dall'usare il telefonino al capire il principio di Archimede (quello della spinta dei corpi nel liquido, tanto per intenderci)...il credersi "imparati" o il non voler imparare è un indice assoluto di stupidità, sappiatelo.

I metri di valutazione dell'intelligenza devono dunque cambiare, decisamente, o mortificheremo i nostri figli perché non fanno scelte di vita ordinarie...e ci perderemo tanti felici vincitori di Stelle Michelin, di Oscar e di Grammy (i premi riservati alla cucina, alla recitazione e al canto...ma sono solo esempi) per ottenere persone tristi, arrabbiate col mondo e incapaci di amare ciò che sono e cosa fanno.

Coinquilin* di antinnocenza: