#MeToo #quellavoltache #balancetonporc... sono parole diverse ma hanno tutte lo stesso significato: sono stata sessualmente molestata.
Le molestie sono una questione di potere: ti molesto perché posso, perché so che non dirai niente, perché sono in una posizione privilegiata.
Dal 2017 in poi però questa convinzione è stata sradicata nel momento in cui, davanti a una tastiera, chi le ha subite ha iniziato a raccontare, facendo aprire gli occhi a tutt3 sul fatto che le molestie non solo ci sono, ma sono sempre state accettate e pensate come "la normalità" in certi ambienti...
Non se n'è mai parlato perché i molestatori erano molto bravi a far capire a quelle donne che non sarebbero state credute, che altre le accettavano "senza fare storie" e che avrebbero avuto delle ripercussioni peggiori se lo avessero raccontato. Si chiama victim blaming, ovvero, far ricadere le colpe sulle persone che hanno subito.
Quegli hashtag sono stati utili a far capire che erano solo parole. E sono stati rafforzati dal fatto che molte donne del mondo dello spettacolo li hanno usati, facendo dei nomi. E così si è scoperto che uomini insospettabili e, guarda caso, di grande potere, in realtà erano molestatori seriali.
Nel 2023 la stessa situazione è emersa dalle agenzie di comunicazione italiane, uscendo allo scoperto tramite la rivelazione di una chat dagli espliciti contenuti sessisti, con tanto di voti: Era come se fosse il nostro diario personale - ha commentato uno dei partecipanti - Scrivevamo le nostre idee ed era tacito e implicito, come in tutti i branchi, che non dovevano uscire. L'omertà è stata tale che, all'epoca, non sono stati presi provvedimenti contro nessun uomo (i più hanno negato che quella chat esistesse) e le donne si sono sentite timorose di perdere il lavoro a causa del loro aspetto fisico o per vendetta o per divertimento. Solo dopo anni si sono attuate politiche aziendali di rispetto ed inclusione. Evidentemente c'è bisogno di fissare dei limiti anche a chi dovrebbe sapere come si comunica e ne fa un vanto.
Leggendo di tutti questi casi, gli uomini hanno iniziato ad avere paura di essere considerati molestatori seriali. Tanto per chiarire (e lo fa molto bene Irene Facheris in "Parità in pillole"), si tratta di un equilibrio tra intenzione ed effetto.
Se intenzione ed effetto coincidono, è ben chiaro chi è un molestatore e non lo è.
Se l'intenzione è di molestia (tipo catcalling) e l'effetto no (consideri un fischio, o simili, un complimento), allora stai dando ragione al patriarcato e davvero lui può fare di te ciò che vuole.
Se invece l'intenzione non è di molestia e l'effetto si, dire "Non hai capito, io l'ho fatto con le migliori intenzioni" non è scusarsi, ma solo dirmi che io ho frainteso e tu sei innocente... molto meglio dire che c'è stato un eccesso di confidenza, perché, come appunto scrive Irene Facheris: I comportamenti vanno sanzionati a prescindere dalle intenzioni, l'intenzione è un aggravante... I comportamenti, però, non le persone...
Per capire meglio tutta la questione, in questo post analizziamo alcuni casi di #MeToo
"Harvey"(Emma Cline, 2020, Einaudi) è il racconto della giornata di Harvey Weinstein prima della sentenza in tribunale relativa al processo #MeToo in cui è accusato di molestie sessuali da molte donne.
È convinto che sarà prosciolto perciò chiama i suoi collaboratori per fissare interviste con la stampa e programmare appuntamenti per la produzione del prossimo film.
Nel lento scorrere della giornata però si accorge di essere sempre più solo in quel sontuoso palazzo (da cui non può uscire a causa della cavigliera elettronica) e che c'è qualcosa che non si compra: la libertà.
Provò un dispiacere ben noto, come la tristezza di quando, da piccolo, sentiva avvicinarsi la conclusione di un film, sapendo che presto sarebbe finito tutto, sapendo che presto sarebbe tornato alla dura realtà del mondo. Nel cinema si accendevano le luci, rivelando i popcorn caduti sotto le sedie, le tappezzerie lise, gli spettatori che raccattavano i cappotti scadenti. Perché Harvey non poteva stare così per sempre?
Emma Cline rimane distaccata dalla vicenda: ricordi e visioni ci fanno comprendere il contesto, ma lei non lo racconta esplicitamente e non si schiera. Chi si aspetta di comprendere di più il caso #MeToo ne rimarrà delus∂.
Molto più significativo è il film "Bombshell - La voce dello scandalo" (2020, Jay Roach).
Megyn Kelly (Charlize Theron) e Gretchen Carlson (Nicole Kidman) lavorano entrambe per Fox News: una è la anchor woman dell'ora di punta, che modera dibattiti politici, l'altra è relegata alla televisione del mattino.
Quando va a lamentarsi per i servizi offertile, viene licenziata. Gretchen allora accusa Roger Alles (John Lithgow), il direttore di rete, di averla molestata e dice anche che quello è il suo comportamento normale, con tutte le donne che lavorano lì... e, per coloro che non si sottomettono, c'è il declassamento. Oltre a questo, fa indossare tacchi e gonne corte, mette le scrivanie trasparenti per poter sbirciare le gambe e fa battute sessiste.
Dice che lo proverà in tribunale, ma inizialmente fatica a trovare colleghe disposte a parlare. Finché la giovane Kyla Pospisil (Margot Robbie) trova il coraggio di dire come ha ottenuto la sua promozione. E anche Megyn potrebbe testimoniare...
Il cast si avvale inoltre della presenza di Kate McKinnon, Bridgette Lundy-Paine, Jennifer Morrison, Connie Britton, Ashley Greene, Alice Eve, Liv Hewson, Allison Janney, Nazanin Boniadi, Tricia Helfer , Alanna Ubach, Holland Taylor, Madeline Zima, Brooke Smith e altre attrici. Ed è il loro esserci, più che i loro ruoli, ad avere un profondo significato. Sono tutte presenti per dire che non sono d'accordo con questa presa di potere e che questo è il modo che hanno per far sentire la propria voce e la propria vicinanza a chi ha subito molestie.
La storia del film è infatti ispirata al vero caso contro Roger Alles.
Ps: Per approfondire il tema ricordo che anche il serial "The morning show" parla di molestie all'interno di un network televisivo.
Josey Aimes (Charlize Theron in "NORTH COUNTY - STORIA DI JOSEY", film del 2005 di Niki Caro) scappa, coi due figli, da un marito violento.
Torna dai genitori (e il padre pensa si sia meritata quel trattamento, vista la sua libertà sessuale) e fa una scelta coraggiosa: andare a lavorare in miniera.
É costretta a fare un esame ginecologico per dimostrare di non essere incinta. E, soprattutto, a subire discriminazioni (non ci sono bagni chimici per le donne), battute, occhiolini, scherzi a sfondo sessuale.
Quando osa lamentarsi le viene detto che quello non è posto per una donna…che deve stare zitta e lavorare. La sua amica Glory le consiglia di indurirsi e lei promette che lo farà perché le piace la sensazione di indipendenza economica che le permette di comprare una casa e far felici i figli.
Ma uno dei capi continua a starle addosso e i suoi rifiuti le vengono rivoltati contro: viene insultata, le colleghe se la prendono con lei (sebbene vengano ugualmente molestate ogni giorno) e tutt3 in città pensano sia colpa della sua condotta morale. Anche il figlio lo pensa.
A colloquio col capo, viene licenziata senza che possa aprir bocca, per cui fa causa alla ditta, ma ha bisogno di altre donne, almeno tre, perché sia un'azione di categoria.
In questo momento inizia per Josey la vera battaglia: lavorare in miniera non è faticoso e umiliante quanto cambiare il pensiero e certe abitudini...