Le relazioni odierne obbediscono, volenti o nolenti, alle leggi dei social network.
Ogni coppia è a sé stante. Ci sono quelli che postano tutto: ogni appuntamento, ogni cena, ogni bacio. Ci sono quelli che "posto solo perché devo pur giustificare con chi ero o sembro sol* in un luogo romantico". Ci sono quelli che tengono molto alla propria privacy e nessuno si accorge nemmeno se siano single o con qualcuno.
Può anche capitare che la coppia abbia due vite social completamente separate, gestite in modo molto differente. Non è detto che questo sia un sintomo di "non amore", però: i due possono vivere momenti bellissimi insieme e non condividerli con altri.
Paradossalmente, il "non amore" potrebbe invece essere più frequente nel caso una coppia gestisca un unico account social.
Innanzitutto si perdono le proprie identità e reti di amicizie, che invece sono fondamentali per definire i limiti personali. E poi subentra il meccanismo del controllo: avere una sola password vuol dire sapere tutto della vita dell'altr∂, il che toglie un peso alle insicurezze, che però viene poggiato sull'abuso digitale. L'altr∂ si chiede il perché di certe richieste di amicizia o di certe foto ricevute o dell'orario in cui controllavamo i social, per interpretare queste informazioni con malizia, facendoci sentire in colpa per ciò che non abbiamo fatto e nemmeno incoraggiato a fare; in casi estremi può anche arrivare a cancellare qualche contatto o rispondere per noi.
"Non amore" è anche monopolizzare tutti i social: riempire le caselle vocal e text di Whatsapp, Facebook e Instagram e pretendere una risposta immediata non significa provare affetto ma opprimere e ottenere l'effetto contrario a ciò che si desidera, ovvero repulsione e allontanamento.
Non c'è niente di male in un profilo condiviso o nel pieno accesso ai propri social, ma, se la motivazione è "se mi ami" oppure "se non hai niente da nascondere", drizza le orecchie, perché forse non è vera condivisione e forse nemmeno vero amore.