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 "Voglia di rinascita"

 

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 Nel giro di una stessa serata mi sono trovata a parlare chiaro su avvocata & portiere e sulla domanda "vuoi fare sesso?".

 Durante una partita degli europei femminili di calcio ci si domandava come mai l'avvocato donna vuole la "a" e il portiere donna no... Grazie al cielo leggo Vera Gheno e la questione si è risolta in pochi minuti aprendo un vocabolario online aggiornato. "Avvocato" è un termine che si declina anche al femminile con lo stesso identico significato, "portiere" si declina solo al maschile perché al femminile ha un altro significato. E non mi interessa se "suona male"... la regola del vocabolario è quella corretta e se vogliamo parlare un italiano inclusivo, va rispettata.

 Poco dopo, chiacchierando, un amico che mi ha chiesto ("dato che sei così brava a usare l'italiano"... e vabbè, lasciamo correre) come provarci una donna senza rischiare una denuncia o una diffamazione, "visto che non si può dire più niente". Grazie al cielo sono una femminista e la questione si è risolta con la semplice risposta: "Dicendo esplicitamente cosa vuoi... vuoi una relazione? la chiedi... vuoi fare sesso? lo chiedi... se dice si, vi mettete d'accordo, se dice no, ognun∂ per la sua strada" Lui si è stupito: "Ma davvero posso dirlo?" Certo... la regola del chiedere il consenso è quella corretta e se vuoi approcciarti a un essere umano in modo decente, va rispettata.

Ti sembrerà un paradosso, ma vale anche per una carezza a3 bambin3 altrui, se pur fatta con le migliori intenzioni. Non basta il permesso del genitore o della persona responsabile. Se lo chiedi e non vuole, non vuole. Tieni giù le mani da quelle "tenere guanciotte" e da quelle "dita tutte da mangiare" (e non mi soffermo sull'assurdità di questa frase) e fattene una ragione. Mettila così: stai insegnando a una persona che quando si tratta di essere toccat3 la sua volontà conta più di qualsiasi altra.

 Perché il punto non è la declinazione al femminile delle professioni o il sesso o le molestie, ma la paura di parlare chiaro. Non ci facciamo nessuno scrupolo nel chiedere alle persone il loro status sentimentale e se sono dimagrite o ingrassate o incinta e poi, quando si tratta di fare domande che davvero sono rispettose di chi abbiamo davanti, abbiamo paura. Perché?

Di parole che mi fanno paura ne conosco ben di più di avvocata e me le sento dire da una vita anche se mi fanno repulsione. E credo che dire esplicitamente a una persona che vuoi una relazione o che vuoi solo fare sesso tolga dalla mente altrui un sacco di dubbi sul "cosa vorrà da me"... dubbi che sono alla base di ogni paranoia che ci facciamo quando si tratta di avere a che fare con qualcun∂ che ci piace. 

Certo, parlare chiaro non significa aprire la bocca e dire tutto quello che ci passa per la testa. La bocca non è uno sfiato per ogni cosa che pensi... "tratta gli altri come vorresti essere trattat∂" giusto?? Tra amic3 c'è un certo grado di confidenza, tra collegh3 un altro, tra partner un altro ancora e tra persone che si conoscono da pochi minuti o che hanno parlato "giusto due volte" (magari sui social) non esiste un grado di confidenza. 

La paura di parlare chiaro spinge purtroppo molte persone a tacere. A non dire ciò che provano e di cui hanno bisogno anche se lo hanno ben chiaro in testa. Fomentando così confusione a chi ha a che fare con loro. Forse si ha paura di perdere... invece penso che sia un guadagno il perdere chi non è in grado di relazionarsi con te nel modo più rispettoso possibile e chi non ti capisce. Quindi pensa a cosa vuoi e poi dillo... in modo chiaro. 


 Per risolvere la questione consenso esiste un libro.

 Manon Garcia si è infatti chiesta "DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI CONSENSO" e dopo aver trovato la risposta ha scritto un saggio (col sottotitolo "Sesso e rapporti di potere"), pubblicato in Italia nel 2021 da Einaudi.

 Già perché è complicato stabilire cosa sia un consenso, per quali pratiche e le motivazioni per cui viene dato (è espressione di volontà o siamo in presenza di un obbligo?)

 Inoltre, ci può essere un consenso morale che però è vietato dalla legge (come il sex work) e uno legale ma non morale (come lo stupro fra coniugi).

 Quello che appare chiaro è che, se è facile definire cosa sia il consenso in tutti gli ambiti, nel sesso la situazione si complica, a causa di come lo intendiamo vivere e dello stereotipo che definisce la donna pudica e l'uomo audace.

 La natura umana però non è semplicistica e ambivalente come la immaginiamo per cui quando parliamo di consenso lo definiamo come ascritto dalle persone coinvolte… chiunque e quante esse siano.

 Ecco perché Manon Garcia si sofferma in particolare sul consenso nell'ambito Bdsm, femmimista, #MeToo, matrimonio e situazioni di coppia realmente vissute parlandone in termini giuridici, storici e filosofici e cercando di capire come l'educazione di sottomissione impartita alle donne dal patriarcato abbia influito sull'accettare sesso che non vogliamo realmente.

Il consenso - scrive - da una parte dovrebbe permetterci di lottare in modo efficace contro le violenze sessuali, in particolare fornendoci uno strumento utile per distinguere sesso e stupro, e dall'altra dovrebbe permetterci di pensare nuove modalità dei rapporti amorosi e sessuali più giuste, più paritarie e, probabilmente, più piacevoli in generale.

Comprenderne i significati e lo scopo aiuta a darlo o negarlo e soprattutto ad ascoltarlo con le giuste motivazioni e senza dubbi, per una conversazione erotica più paritaria e un sesso più piacevole.

 

 

 

Coinquilin* di antinnocenza: