Lo ammetto: è un'esperienza che non ho ancora provato.
Sono riuscita a superare il blocco "da sola al cinema di sabato sera" ma "al ristorante a cena da sola" devo ancora provare. E, ti dirò di più: non ordino nemmeno la pizza da asporto, se non c'è qualcun∂ a mangiarla con me.
Il perché non ha niente a che fare con l'oddio-mangiare-da-soli-è-da-sfigati...figurati, io, quando mi dicono che "è da sfigati" lo faccio per sapere se è vero! (e nella maggior parte dei casi sono solo pregiudizi che è bene sfatare)...bensì ha a che fare con motivazioni di carattere pratico. Come i soldi e la creatività.
Innanzitutto non mi va di spendere per una cena se non ho nessun∂ con cui condividerla.
Essendo poi capace di cucinare, prepararmi il pasto la vedo come un'occasione per sperimentare quella ricetta che ho e che non oserei mai offrire per paura delle conseguenze (tipo secondo me-non-mi-viene-come-vorrei), oppure come un'occasione per mangiare quello che trovo in frigo o in dispensa senza ordine prestabilito e per di più senza dotarmi di tovaglia, piatto e posate (a volte nemmeno di bicchiere).
E di pigrizia. Quasi mai ho voglia di uscire di casa solo per mangiare...se sono già fuori è diverso, ma in quel caso mi accontento di un bar per un panino veloce.
Eppure il mangiare da soli è diventato un business in tutto il mondo. Da Eenmaal ad Amsterdam, per esempio, apparecchiavano dei tavoli da uno perché, come spiega la social designer Marina Van Goor: Mangiare da soli attualmente può essere un'esperienza ispirante, perché hai la possibilità di disconnetterti per un po' dal nostro mondo iper-connesso. È vero, il locale ha avuto vita breve, ma l'idea è buona e andrebbe sdoganata, al pari dei "supper club" organizzati via whatsapp e dei ritrovi equo-solidali.
D'altra parte al supermercato esistono già le monoporzioni di frutta e verdura e i piatti pronti versione singola, quindi molto probabilmente a cambiare dev'essere solo la mentalità comune... un tavolo da uno alla volta.