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 "Voglia di rinascita"

 

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 Non hanno mai avuto paura di un regno di cui erano le regine ma dove, a certi livelli, non potevano entrare.

Le donne sono sempre state considerate "le regine della cucina" ma solo finché la mansione si limitava al preparare i pasti per la famiglia o si svolgeva in un'osteria di poche pretese. Nel caso invece in cui la cucina fosse quella di un ristorante o di un aristocratico, allora, no, niente donne.

Eppure, non si sono mai spaventate di questa esclusione e hanno cercato di sovvertire il pregiudizio a suon di ricette. Diffondendole a voce, tra amiche, come fosse un segreto da condividere (e le più perfide non erano mai precise nelle dosi, così da detenere la corona di "più brava" il più a lungo possibile) e poi scrivendole su foglietti sparsi e volanti.

Quei foglietti, nel tempo, sono diventati libri di cucina, le cui prime pubblicazioni risalgono a fine Ottocento e che ancora oggi dominano il mercato.

I loro nomi ai più sono quasi sconosciuti, eppure quelle donne non solo hanno riportato in auge la figura femminile che ritorna ad appropriarsi della cucina, ma le hanno anche fatto fare un passo avanti, ritenendola come colei che può amministrarla tanto quanto, anzi meglio, degli uomini, e che è capace non solo di studiarla, ma pure di diffondere il suo sapere.

Il primo libro scritto da una donna, "MANUALE DI CUCINA PER PRINCIPIANTI E CUOCHE GIÀ PRATICHE" arriva alle stampe di Graz nel 1858 (e dovranno passare altri trent'anni prima che sia disponibile anche in Italia, con la collaborazione della maestra di cucina Ottilia Visconti Aparnik) ed è firmato Katarina Polt (ma alcuni riportano il cognome Prato).

Vuole fornire informazioni utili sia alle mogli borghesi del tempo (che possiedono personale di servizio e quindi sono quasi inesperte) sia a chi sa già cucinare, con una connotazione illustrativa e didattica del tutto nuova che incontrerà i favori di molti, tanto che il volume diventerà un manuale usato anche per i corsi di economia domestica.

La prima donna italiana a cimentarsi con la scrittura gastronomica in un'opera di sua completa creazione è Giulia Ferraris Tamburini, con "COME POSSO MANGIAR BENE?" del 1900, naturale prosecuzione di "COME DEVO GOVERNARE LA MIA CASA?" del 1898.

Il suo intento è rivolgersi alle nobili signore per aiutarle a portare in tavola un pasto, anche semplice, ma soprattutto a sorvegliare la servitù, fare la spesa correttamente ed evitare cibi dannosi per la salute. Possiamo quasi classificare il volume come un antesignano delle riviste femminili, in quanto il tono usato è di complicità, tipico di amiche che chiacchierano tra loro di cucina e medicina (citiamo soltanto che successivamente a questo verranno pubblicati anche "L'INFERMIERA IN CUCINA" e "LA CUOCA MEDICHESSA", ad opera di altre due autrici). Naturalmente non mancano le ricette, in rigoroso ordine alfabetico.

 

 Ada Boni ha un precedente culinario in quanto nipote del celebre fondatore della rivista "Il messaggero in cucina" e perché, si dice, abbia approntato la sua prima ricetta a 10 anni.

 Amava stare dietro ai fornelli e ha scritto un manualetto con lo scopo di insegnare come preparare pranzetti gustosi in modo facile e al giusto costo. Questo libro è stato pubblicato nel 1929 con il titolo "IL TALISMANO DELLA FELICITÀ", che negli anni ha conosciuto diverse edizioni con continui aggiornamenti: cito quella del 1934 in cui Ada si avvicina a molte specialità italiane allora note in quanto gli stranieri "credono che il nostro patrimonio gastronomico si limiti a tre o quattro specialità, capitanate dai maccheroni" ed è perciò sua preoccupazione far cambiare loro idea.

 

 


 Irma Rombauer è una casalinga del Missouri che sfoga nella cucina il dolore per la perdita del marito, morto suicida.

 La donna voleva dare un senso alla propria vita e sostenere la famiglia, perciò i suoi manicaretti, nel 1931, sono diventati il volume "THE JOY OF COOKING", avente come sottotitolo "Una compilazione delle ricette certe con una chiacchierata culinaria casuale", le cui illustrazioni sono curate dalla figlia Marion.

 Vista l'epoca in cui la signora Rombauer si trova a cucinare, il libro contiene anche istruzioni su come inscatolare e marinare animali selvatici tipo scoiattoli e opossum. Nelle edizioni successive (si parla di oltre 18 milioni di copie vendute) sarà invece arricchito di preparazioni tipiche della cucina americana, come burritos, cereali, carne da pascolo, pesci e fagioli, pur non tralasciando "stranezze" quali la ricetta della tartaruga di mare (che ha scatenato proteste presso le associazioni di protezione della specie).

 

 Amalia Moretti Foggia nel 1927 prende a prestito il nome di Petronilla dai fumetti e si occupa di una rubrica di cucina sulla "Domenica del Corriere".

 Fa la pediatra in tempi in cui le donne professioniste erano meno di un centinaio, ma la sua passione è la gastronomia: "Non pensatemi di professione cuoca, né da mane a sera fra pignatte e padelle, non pensatemi né cuoca finita né cuoca perfetta né cuoca di grido, ma soltanto una donna di casa che in gioventù ha imparato a cucinare e che sposa ha voluto perfezionarsi alquanto tra i fornelli della propria cucina".

Eppure nel 1941 pubblica "RICETTE DI PETRONILLA PER TEMPI ECCEZIONALI", ponendosi come difficile compito il presentare ricette possibili in tempo di guerra, quando le materie prime e i prodotti freschi scarseggiano, e ci riesce usando anguilla ("il maiale dei pesci") e manzo ("il Dante della mensa) e preparando minestre e riso con le verdure dell'orto, i tortini con gli avanzi e la frutta (in gelatina, macedonia, meringata o al miele) come dessert.

Quello che mi ha colpito di più del libro è però l'ambientazione: una stanza dove le mogli si ritrovano a cucire e, non potendo parlare di altro (perché a quei tempi i divertimenti erano troppo costosi e non c'era nemmeno la televisione) conversano di cibo bramando di poter preparare qualche ricetta più succulenta e moderna del solito, ma allo stesso tempo cercando di rimanere ancorate alla tradizione.

L'episodio che segue ben esemplifica cosa intendo: "Questi piatti complicati e ricercati, purtroppo non sono per me (confessa la cara Giovanna). Io...vi dico chiaro che - per risparmiare i grassi tesserati, per non dover rimanere troppo in cucina, per non esser costretta a pulire, tagliare, cucinare verdure, per non dover...rimproverarmi quando lascio bruciare il soffritto - che, insomma, io ricorro per la mia pasta asciutta a condimenti in scatola. Oh, questi condimenti in scatola, questi condimenti che basta appena riscaldare, tuffandone la scatola in acqua calda o lasciandola sulla stufa accesa, sono, secondo me, uno dei più geniali ritrovati della modernità! Ed io (donna modernissima), mentre la pasta bolle nell'acqua abbondante e salata, grattugio formaggio; scolo la pasta quand'è cotta; la verso sul piatto; la cospargo di condimento intiepidito e del formaggio trito; ed ecco il piatto è pronto, e che piatto...vi assicuro, che m'è costato pochetto, che non ha avuto bisogno di alcuno dei miei grassi tesserati, ch'è veramente squisito, e che.. (La povera Giovanna ora tace, contrita, ché intorno a lei è tutto un bisbigliare e un criticare così: "Quello scatolume! Oh, in casa mia, scatole di condimenti...mai")." 

E invece la povera Giovanna, anzi, Petronilla, sapeva guardare lontano...

Coinquilin* di mangioscrivo