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 "Un lunedì di corsa"

 

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 Il corpo è l'immagine visibile di ciò che siamo. Ed è capace di parlare per noi.

 Se una mente è in subbuglio, le altre persone potrebbero non accorgersene mai. Se un corpo è in subbuglio, è impossibile non vederlo. 

 Ecco perché quelli che prima si chiamavano "disturbi alimentari" oggi si chiamano "disturbi del comportamento alimentare". Perché non si tratta solo di un problema disfunzionale di stomaco e intestino, ma di un problema mentale che diventa un problema fisico... anoressia e bulimia (ma non solo) sono comportamenti e atteggiamenti che alcune persone adottano per manifestare un disturbo d'ansia o dell'umore.

 Non è facile vederli, non è facile diagnosticarli e non è facile curarli.

 Questa non è la sede per una soluzione semplicistica del problema, ovviamente, ma è la sede per iniziare a capirli meglio, per comprendere questi disturbi nel modo corretto, per dar loro visibilità attraverso le testimonianze di chi li ha studiati e di chi li ha vissuti. 

 Sempre più persone infatti ammettono di soffrirne e sia persone comuni che famose lo fanno per sensibilizzare. Ho letto, per esempio della polemica sulla scritta "Fat"-Grassa apparsa sulla bilancia del video "Anti-Hero" di Taylor Swift perché "una con un corpo conforme come il suo non può sentirsi grassa".... lei lo ha messo invece proprio perché, soffrendo di disturbi alimentari. sa che non si tratta di un numero, ma di un pensiero, che può diventare ossessivo e invalidante anche a chi ha un fisico longilineo e "socialmente accettato" come il suo: A volte - canta - mi sento come se tutt3 fossero delle bambole sexy e io un mostro sulla collina. Non si tratta di considerare le persone grasse qualcosa da rifuggire.... è lo stigma che le circonda di cui hai paura.... 

Il punto quindi é: se questi pensieri possono colpire ogni persona, di qualsiasi taglia sia, come facciamo a renderli meno pericolosi? Risposta: conoscendoli e affrontandoli, senza paure né vergogne.

 

 

 Durante il lockdown camminavo cinque ore al giorno per il corridoio. Avevo calcolato che bruciavo 100 calorie ogni 30 minuti. Mi vedevo grassa. Ho raggiunto i 39kg e per me erano anche troppi.

 Le parole della 16enne Laura, malata di anoressia, sono quelle che Fiorenza Sarzanini, vice direttore del Corriere della Sera, ha deciso di usare come apertura del podcast “Specchio” (2021, Chora Media), dedicato ai disturbi alimentari.

 Sono sempre più le persone che ne soffrono (9mila nuove ogni anno) e sempre più giovani. Il vero problema non è il cibo, ma l’ossessione. La vita diventa una questione di numeri: i kg persi, le calorie contenute negli alimenti, le volte che si va a vomitare, il peso ideale (che si abbassa sempre di più ad ogni risultato raggiunto).

 Il corpo in realtà è solo il mezzo che dice che hanno bisogno di un aiuto serio e qualificato, per salvarsi da quello che in realtà è un cambiamento del carattere o semplicemente un sentimento che non riescono ad esprimere a parole. Hanno bisogno di smetterla di autodistruggersi e di capire che non è quello il modo per ottenere sicurezza in sé stess3 e/o l’affetto della propria famiglia. Hanno bisogno di guardarsi allo specchio e capire che non vedono solo un corpo, ma anche il riflesso della propria mente e delle proprie esperienze di vita.

Anche in questo caso uso la schwa, perché i disturbi alimentari colpiscono i ragazzi quanto le ragazze. Nell’episodio 2 del podcast è messo bene in evidenza quanto la discriminazione di genere abbia avuto effetti deleteri nella cura del problema e quanto oggi sia diffuso tra giovanissimi e adulti: Il corpo è un terreno per esprimere il proprio disagio per tutt3, ormai, testimonia la dottoressa Laura Dalla Ragione.

Lei è una delle poche che se ne occupa: secondo l’inchiesta di Fiorenza Sarzanini non tutte le regioni italiane sono attrezzate con centri specializzati per la cura e, dove ci sono, i posti letto sono troppo pochi. C’è bisogno infatti di una rete coordinata di medici, psicologi e altr3 pazienti per comprendere che si può guarire e iniziare una vita in cui non sei una persona che ha fallito un percorso di dimagrimento, ma una che accetta il proprio corpo e riesce a guardarsi allo specchio.

 

 

 Già dalle prime pagine di “InFame” di Ambra (Rizzoli, 2020) ho riconosciuto le parole, simili a quelle di Juliette, del podcast di Fiorenza Sarzanini: quelle di una ragazza che compra tantissimo cibo e lo mangia tutto… quelle di una mente che vorrebbe fermarsi e provare disgusto e di un corpo che non riesce a farlo.

 Vivo con il mio segreto da circa dieci anni, e credo che se avessi regalato tutto il cibo che ho masticato e poi vomitato avrei potuto salvare almeno una colonia di bambini malnutriti, anche per questo mi sento una merda. Macché cazzo dico? Penso di averli salvati i bambini malnutriti, da questa droga che ti frega sorridendo, che finge di non essere uguale alle altre. Il segreto di Ambra è la bulimia.

 La vita di una persona bulimica si complica a livelli esponenziali: non si tratta solo di mangiare e vomitare, ma di sapere quanti liquidi bere per poter riuscirci e a che velocità masticare e quanto lassativo ingerire e di avere un vestito comodo che coprisse questo enorme disagio che ho nei confronti dello stare al mondo e di ricordarti di pulire bene il bagno… dopo. In più, tratti male i genitori, gli amici e chiunque cerca di volerti bene… perché ti senti inadeguat∂ e immeritevole del loro amore.

 Quando poi cerchi una persona che possa aiutarti, un∂ professionista, può capitarti che pure ai suoi occhi diventi completamente invisibile e sei sminuit∂: Ambra si è sentita dire che il rimedio migliore era quello di fare volontariato, di occuparsi di chi stava peggio, così avrebbe capito “cosa vuol dire avere una malattia vera”.

 Lei non sa nemmeno se il cibo o la quotidianità con amic3 e parenti e fidanzati sia la vita vera. Non la sa più distinguere e non sa nemmeno se vuole togliere l’InFame dalla sua vita. Ma ha un’idea molto chiara in testa: La vita con una mano sempre o quasi in bocca ha meno opportunità. Una di meno sicuramente. Una mano può essere afferrata per tirarti fuori ma potrebbe non bastare e allora dovresti smetterla e lasciare anche l’altra a disposizione di chi vorrebbe tirarti forte verso di sé… A disposizione di chi amandoti vorrebbe salvarti.

Coinquilin* di mentecorpo: