In Italia non c'era mai stata una catena di delitti come quella che avvenne tra gli anni '70 e gli anni '90.
Una lista di "coppiette" assassinate: Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore nel 1974, Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi nel 1981, Susanna Cambi e Stefano Baldi qualche mese dopo, Antonella Migliorini e Paolo Mainardi nel 1982, Rusch Uwe Jens e Horst Meyer nel 1983 (questi erano solo campeggiatori di passaggio), Claudio Stefanacci e Pia Rontini nel 1984, Nadine Mauriat e Jean Michel Kravechvili nel 1985. A loro si aggiungono forse anche Barbara Locci e Antonio Lo Bianco, nel 1968, perché l'arma sembra essere la stessa calibro 22, così come i coltelli, i luoghi poco distanti, la dinamica, la scelta della notte di novilunio ecc.
La ritualità di questi brutali omicidi spinge gli inquirenti a pensare a un unico killer, che, per la zona in cui si muove, viene chiamato "il mostro di Firenze".
Michele Giuttari arriva a fare il capo della Squadra Mobile locale negli anni '90 e uno dei suoi incarichi è seguire il processo d'appello a Pietro Pacciani (già condannato in primo grado) e capire se aveva dei complici. Ma prima deve ripercorrere l'iter delle indagini che hanno accusato personaggi come Enzo Spalletti, Francesco Vinci, Giovanni Mele, Giovanni Calamosca e Salvatore Vinci, poi rilasciati perché in carcere nel momento in cui i delitti proseguivano.
È comunque indubbio che il killer non ha agito da solo: le traiettorie dei proiettili e dei colpi e la mutilazione delle donne presumono almeno due persone. Giuttari decide di scoprire se uno dei due fosse davvero Pacciani (come da segnalazioni e testimonianze e prove a suo carico) e chi l'abbia aiutato, iniziando dai suoi amici. Mario Vanni, per esempio, che al primo processo si definì "compagno di merende" (in linguaggio colloquiale, significa mangiare qualcosa tra amici e andare a prostitute) e Giancarlo Lotti.
È quest'ultimo (le cui parole sono confermate da donne che tutti loro frequentano) ad aiutare Giuttari, assieme a Fernando Pucci: minacciati per anni da Pacciani trovano solo ora, e a fatica, il coraggio di parlare.
Così, seguendo un'intricata pista di testimonianze, intercettazioni e sopralluoghi (è più difficile rispetto al cercare il singolo assassino, perché i complici si spalleggiano a vicenda), l'uomo risolve il mistero del mostro: Sono persone in carne e ossa delle amene campagne nei dintorni di Firenze. Vivi e attuali, non caricature di bruti primitivi. Cittadini di questo nostro mondo che dal progresso hanno attinto falli di gomma, di plastica, di legno, falli inerti e meccanici, riviste pornografiche, pornocassette, stimoli che sfogano in orge, violenze sessuali, stupri. E un particolare tipo di delitti.
Nel momento però in cui Giuttari inizia a indagare anche sul dottore che si occupava di estrarre seno e pube dai corpi femminili, ostacoli burocratici gli si frappongono: l'estrazione sociale dei soggetti coinvolti non gli consente di proseguire oltre.
Essendo molto appassionata di delitti ho deciso di letteralmente ascoltare anche un'altra voce: quella di Marco Baldi, autore del podcast "Il codice della vendetta". Il tono è colloquiale e appassionato e il mistero è trattato come ancora da risolvere: si leggono rapporti della polizia e ritagli di giornale e si ascoltano testimonianze.
Devo dire la verità: mi hanno molto incuriosita le sue intuizioni, anche se spingono di più verso la "pista sarda" dei fratelli Vinci e verso un certo Rodolfo Fiesoli (e la cooperativa Il Forteto dove si compivano violenze e abusi fisici e sessuali e psicologici) e alcuni delitti solo simili a quelli del mostro.
Credevo di aver capito finalmente tutto sul caso... e invece...