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 "Parole per Giulia"

 

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bologna giornale

 Strage alla stazione di Bologna.

 Un sabato qualsiasi, di inizio vacanze. La stazione è piena di persone pronte per andare al mare, per raggiungere parenti e amici, per divertirsi. Aspettano il treno, chi sulle banchine chi in sala d'aspetto, in piedi o sedut∂ con valigie, borse, biglietti in mano.

 Si sente un boato. Viene da una valigia che contiene T4, tritolo e nitroglicerina.

La stazione salta in aria. I detriti volano ovunque, sopra e sotto i corpi di quelle persone. L'orologio rimane bloccato alle 10.25.

Il giorno dopo, i giornali sanno già che si tratta di una strage. Non ci sono dubbi. Solo i numeri sono provvisori: i morti saliranno a 85, i feriti a 210. 

I nomi di chi portò lì la bomba si sanno: Luigi Ciavardini, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Gilberto Cavallini, Paolo Bellini.

 

 

 Sono i mandanti però ad interessare il podcast di Alex Boschetti, creato nel 2021, poco prima del processo che ha portato alla condanna di Bellini come esecutore materiale e di Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia, per depistaggio.

 Anche se i veri mandanti rispondono ai nomi di Licio Gelli (della loggia massonica P2), Umberto Ortolani (il suo braccio destro), Umberto D'Amato (direttore dell'Ufficio affari riservati del Ministero dell'Interno) e Mario Tedeschi (politico fra le file del Movimento Sociale Italiano e direttore del giornale "Il Borghese").

 Di loro e di tutto ciò che accadde, Alex Boschetti parla con Carlo Lucarelli (scrittore), con Paolo Bolognesi e Paolo Lambertini (dell'Associazione familiari vittime della strage), con Cinzia Venturoli (che definisce il momento storico in cui avvenne, ovvero un contesto di terrorismo iniziato nel 1969) e con Benedetta Tobagi (che parla dell'intervento dei media, che contribuì a depistare le indagini).

 Insieme cercano di aiutare le giovani generazioni a capire dove stia la verità di quell'evento e come e perché si verificò.

 Ci sono le storie delle vittime, toccanti ed emozionanti, raccontate alla fine di ogni episodio. Persone come chiunque di noi che stavano solo aspettando un treno o lavorando in stazione, come ogni giorno.

 Ci sono le storie dei soccorritori. Emozionante è quella raccontata in prima persona da Agide Melloni, che usò l'autobus 37 per portare i cadaveri (mai uno sopra l'altro, perché avevano diritto al rispetto) all'obitorio (così da lasciar libere le ambulanze per i feriti), dopo aver scavato a mani nude nelle macerie per recuperare i corpi: Quel giorno saltarono tutte le cose che hanno senso in altri momenti.

Ci sono le storie dei parenti delle vittime, che dal quel 2 agosto hanno imparato a leggere atti di processi e documenti d'indagine (la maggior parte secretati o anneriti nei punti chiave) continuando a darsi da fare e a promuovere iniziative per ottenere una sola cosa: giustizia.

 Ci sono gli esecutori materiali, spinti da un ideologia fascista secondo la quale sacrificare vite umane valga la pena pur di far arrivare un messaggio a chi sta al potere. Non si sono mai riconosciuti colpevoli, hanno sempre negato... come dice giustamente Carlo Lucarelli nell'episodio finale del podcast, non puoi ammettere di aver ucciso tanti innocenti (tra cui dei bambini) perché nessun∂ ti perdonerebbe come essere umano e perché chi ti ha protetto finora smetterà di farlo all'istante.

E ci sono appunto i mandanti, che non hanno esitato a dare ordini e scaricare le responsabilità su altri (nessuna rivendicazione, così da diffondere la "paura verso ignoti"... sui giornali si parlava infatti di "strage internazionale"), coprendo per bene la propria. Il loro scopo non era uccidere delle persone, ma far capire che potevano sovvertire l'ordinamento democratico e che avrebbero potuto prendere il potere in ogni momento. Controllavano i terroristi pronti a tutto e controllavano i giornali...niente poteva fermarli.

Quello che resta oggi è l'impegno di Bologna a non dimenticare. In quel momento ha avuto bisogno di tutta la cittadinanza e tutta la cittadinanza è accorsa. E non si è più fermata, continuando a organizzare commemorazioni e manifestazioni perché ci fosse giustizia.

Sono recentemente entrata in quella sala d'aspetto. C'è una lastra in marmo con i nomi delle vittime. Li ho letti tutti, uno ad uno. Erano persone come me in quel momento. Stavano solo aspettando un treno.