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 "Voglia di rinascita"

 

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 Il volto il copertina è quello di Natja Brunckhorst, la protagonista dell'omonimo film. Ma è nelle pagine scritte da Christiane F. e dalla madre che vediamo il vero volto della droga.

 Nato come una serie di interviste pubblicate su "Stern" nel 1978, il libro "NOI I RAGAZZI DELLO ZOO DI BERLINO" diventa ben presto un punto di riferimento per capire perché gli/le adolescenti siano attratt3 dalle sostanze stupefacenti. 

 Mette in luce anche la difficile situazione sociale che vivono, con genitori ubriachi e violenti, una città che offre più divieti che divertimenti (spazi esigui in cemento in cui non fare rumore - nemmeno giocare a palla, per esempio), la scuola che non dà linee di condotta né ascolto, sgridate che arrivano da ogni adulto del quartiere per i più svariati motivi e centri commerciali che hanno vetrine eleganti ma fuori puzzano di sporco per i troppi rifiuti accumulati.

 Christiane, che fino a 6 anni ha vissuto felice in campagna tra gli animali, arriva a Berlino perché i suoi genitori ambiscono a una vita più ricca. Ma i loro sogni non si realizzano perciò sfogano rabbia e frustrazione sulla figlia (specie il padre, che la picchia spesso e riserva lo stesso trattamento alla sorellina e alla madre), insegnandole il "darle o prenderle".

 Così lei inizia a esercitare potere sugli altri per non sentirsi rifiutata: diventa una bulla, ruba, trasforma tutto in ribellione e ogni "no" scatena in lei la frenesia di fare ciò che le è proibito ("Si imparava in maniera del tutto automatica che tutto quello che è permesso è terribilmente insulso e che tutto quello che è vietato è molto divertente").

 I genitori divorziano e le figlie vanno a vivere con la madre e il nuovo compagno ventenne ma l'appartamento è troppo stretto così la sorella torna a vivere dal padre, che le regala una vita agiata, e Christiane, di nuovo sola, torna invece per strada, anche perché comincia a essere attratta dai ragazzi. Nemmeno la nuova scuola si occupa di lei, così decide di farsi amica la più forte, Kessi, insultando i professori, fumando, bevendo e marinando le lezioni.

 È lei a portarla alla Haus Der Mitte, un circolo evangelico per giovani dove si balla e c'è il cinema, ma in realtà ci si comporta "in un certo modo" perché "ci si sente superiori" e si ascolta il rock (David Bowie, soprattutto). ogni volta che si trova in una situazione pericolosa, Christiane dice a sé stessa: "Questo è il prezzo da pagare perché tu ora fai parte di questo gruppo [-] Nessuno doveva accorgersi che non ero quella tipa paracula che volevo apparire". 

 Da quel momento la vita di Christiane si muove a due velocità: la ragazza di casa tranquilla e allegra (che leggiamo nelle parole della madre, che le dà la libertà che è mancata a lei e si rifiuta di vedere la realtà, non domandandosi dove trascorra il suo tempo fino a che non scorge chiari segni di tossicità e da quel momento non troverà più la pace, non sapendo come comportarsi con la figlia e temendo una telefonata di morte da un momento all'altro) e la ragazza sfrontata e magrissima che passa dall'hascisc all'Lsd, dalle pasticche eccitanti ai tranquillanti, dalla discoteca Sound ai soldi rubati per permettersi quella nuova vita, dall'eroina al Bahnof Zoo (la stazione della metropolitana) per fare marchette.

E poi, altre due fasi che si inseguono: la disintossicazione e la ricaduta, con famiglie, istituzioni, polizia, ospedali e scuola che, non riconoscendo il problema, non sanno dare soluzioni (men che meno ai minorenni) oppure danno i bucomani per irrecuperabili. La città non si preoccupa della sicurezza e della serenità di chi vi abita, che siano genitori o figli.

Le parole di Christiane sono sincere: racconta eventi specifici e sensazioni reali con estrema naturalezza sia quando parla degli effetti delle droghe che del sesso e dell'amore per Detlef e per i suoi amici: "Sono sicura che tra i ragazzi che non sono drogati non ci sono amicizie stupende come creiamo noi nel nostro gruppo. E queste amicizie stupende che semplicemente all'inizio nascono tra quelli che si drogano esercitano un fascino sugli altri giovani. Ma l'amicizia che ci legava era pur sempre basata sull'eroina"

Emerge il ritratto di un'adolescente molto sola che fa di tutto per farsi accettare, ma col segreto desiderio di essere salvata dalla propria madre e tornare a essere solo una figlia innocente: "Non fu certo così che io, povera ragazza, venni presa di mira consapevolmente da un perfido bucomane o da uno spacciatore, come si legge sui giornali. Non conosco praticamente nessuno che sia stato spinto a bucarsi contro il suo desiderio. La maggior parte dei giovani all'eroina ci arrivano da soli, quando sono maturi per farlo come lo ero io [-] Cominciai a odiare tutte le ragazze della mia età che vedevo che erano sulla mia stessa strada. Le odiavo realmente. Allora però non arrivavo a capire che odiavo me stessa". 

Il libro diventa un campanello d'allarme: per figli, per genitori, per istituzioni. Dovrebbe far parte dei classici da leggere nelle scuole e nelle comunità, anche per le testimonianze che forniscono dati utili ma rivelano pure quanto sia difficile trovare soluzioni e alternative accettabili e quanto i giovani siano spesso abbandonati a sé stessi.

 

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   A Christiane viene associato il volto di Natja Brunckhorst nel 1981, quando Uli Edel diventa il regista del film "CHRISTIANE F. NOI I RAGAZZI DELLO ZOO DI BERLINO".

 Edel decide di non raccontare l'infanzia della ragazza, ma di iniziare dall'incontro con Detlef al Sound.

 Vediamo perciò come loro due si avvicinano al mondo della droga ma non ne capiamo veramente il perché... anzi, la narrativa ci fa capire che sia per gelosia e per imitazione del suo ragazzo che Christiane si fa il primo buco e dal libro invece si comprende che non è affatto così. Il film è creato per lo più con episodi singoli fuori contesto.

 Lodevoli invece le scelte di Edel sulla veridicità delle scene e sull'ambientazione. Vediamo i due trasformarsi fisicamente a causa della droga e dell'astinenza, vediamo preparare la siringa e fare l'iniezione, vediamo il degrado e la sporcizia. Ma vediamo anche Berlino e David Bowie, che ci riportano subito all'atmosfera di quegli anni.

 

 

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 Spesso ci chiediamo, alla fine di un libro, cosa succede dopo. "CHRISTIANE F. LA MIA SECONDA VITA" (2013, Bur) è una di quelle risposte.

 Dopo che la sua storia è stata letta e vista e analizzata in tutto il mondo, Christiane è intervistata su tv e giornali per parlare della situazione giovanile, suona in una band, fa l'attrice e incontra artisti e persone ricche e famose, ma non si allontana mai troppo dalla droga, che spesso finisce per rovinarle relazioni d'amore, d'amicizia e di lavoro e farle invece "visitare" il carcere.

 In questo libro racconta ancora una volta la sua verità. Il suo fegato non è mai guarito ma è peggiorato. Beve, fuma erba e fa terapia sostitutiva col metadone. Ha un figlio, che le è stato portato via quando ha deciso di trasferirsi ad Amsterdam: le istituzioni avevano creduto che avesse scelto quella città per il giro di droga e invece Christane voleva solo allontanarsene e andare in un posto diverso per ricominciare. Quell'evento l'ha riportata sotto l'attenzione dei media peggiorandole di nuovo la vita. Da allora trasloca spesso per rimanere anonima e rimanere vicino al figlio per il tempo che le è concesso dalla legge.

 Negli anni, Christiane non ha perso la capacità di raccontare lucidamente la sua vita e di analizzare gli ambienti dove vive e le persone con cui interagisce. Costruisce quindi, ancora una volta, una biografia avvincente capace (anche con l'aiuto del mini-dossier di Sonja Vukovic) di aprirci gli occhi sulle difficoltà legate all'assunzione di sostanze tossiche, stavolta in età adulta.

 

 

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 Nel 2021 arriva la serie "NOI I RAGAZZI DELLO ZOO DI BERLINO".

 Christiane è solo una tra sei: Axel, Michi, Benno, Babsi e Stella sono protagonisti assieme a lei... ognun∂ con i propri incubi e una diversa motivazione per avvicinarsi all'eroina: violenza, pregiudizi, emarginazione, problemi familiari.

 La storia raccontata è la stessa del libro, dall'inizio alla fine, ma ambientata ai giorni nostri. Quello che manca è il degrado: sebbene le soluzioni visive ci offrano una chiara sensazione del paradiso e dell'inferno della droga, i ragazzi e le ragazze sono sempre pulit3 e ben vestit3 e le immagini sempre luminose.

 Certo, la discoteca assomiglia a un rave party e David Bowie ormai è "una presenza", ma di certo la serie è apprezzabile per riportare le nuove generazioni su un libro ancora attuale.

 

 

Se ti interessa il tema della tossicodipendenza ti consiglio anche...

 

 Come si svolgono le giornate in una comunità per tossicodipendenti?

 Valentina è nata lì, mentre i suoi genitori, Ivan e Barbara, cercavano di curarsi. Dopo qualche anno sono andati via, ma fuori la vita era difficile, così ora sono di nuovo davanti al cancello de La Collina, aspettando il tempo sufficiente per far capire a Riccardo, l'uomo che l'ha creata e ne è il supervisore, che sono abbastanza motivati per rimanere, stavolta.

 Quando si aprono le porte, è come se quel luogo si mostrasse per loro con tre volti diversi:

 - ne La Collina, Valentina vede gli amici, la spensieratezza, la festa... un posto (completo di piscina, chiesa, ippodromo, ospedale, asilo, campo da calcio, laboratori artigianali, campi coltivati...) che aiuta le persone (presentate sempre con nome e cognome, data e luogo di nascita, capelli, occhi, altezza, segni particolari, cittadinanza) a stare meglio solo grazie alla propria volontà e che insegna loro un mestiere per sopravvivere, poi, nel mondo ("La Collina - scrive un giornalista - è un lampo di speranza in questo buio desolato e desolante che sono gli anni Ottanta")

- ne La Collina, Barbara vede persone che vengono torturate se non seguono il regolamento (niente sesso se non si è coniugati, né musica né niente da scrivere e da leggere) e/o tentano di scappare... un posto che può diventare una vera e propria gabbia

- ne La Collina, Ivan vede un Riccardo che comanda e corrompe, facendosi rispettare e ammirare in tutti gli ambienti che frequenta (compresa la tv, la polizia e le scommesse clandestine)... un posto che può arricchirlo e  fargli dare un futuro a sua figlia, se ubbidisce e tace.

Fino al punto in cui, per una serie di circostanze, le visioni della famiglia Carrau iniziano a intrecciarsi e contaminarsi, mostrando il vero volto de La Collina. 

Andrea Delogu e Andrea Cedrola firmano un romanzo-verità: lei è cresciuta davvero in una comunità... lei è Valentina. È colei che assiste all'intrecciarsi delle storie, alle persone che arrivano, a quelle che se ne vanno, a quelle che restano. Osservandoli, capisce la difficoltà per i tossici nel riprendersi la propria vita, ma anche che non sempre chi ti vuole aiutare è capace davvero di farlo. E descrive i suoi pensieri con estreme semplicità e chiarezza.

Il libro "LA COLLINA" (del 2014, edito da Fandango) è ispirato alla comunità di San Patrignano e alla vicenda di Vincenzo Muccioli, di cui Walter Delogu era autista e braccio destro.

Coinquilin* di guardopenso: