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 "Voglia di rinascita"

 

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A casa mia la zuppa inglese la preparava la nonna paterna, come alternativa alla sua celeberrima torta di riso. All’inizio non mi piaceva perché copriva troppo di alchermes i savoiardi, per cui li toglievo e praticamente mangiavo solo i budini. Poi, crescendo, ho imparato ad apprezzarla e a cucinarla, mettendo tra i due strati confettura di ciliegie che secondo me, col suo aspro, rende questo dolce ancora più perfetto.


Ovviamente non è l’unica variante. Al posto dei savoiardi si possono usare i pavesini, il pan di spagna (a cui Carlo Cracco aggiunge fecola di patate e Alessandro Borghese farina di riso), il ciambellone, la torta al cioccolato, i biscotti. Al posto dell’alchermes il liquore di melone, Amaretto, la crème de cassis (con ribes nero nella crema pasticcera), il limoncello, il succo di mirtilli rossi, il rum, il cognac, lo sciroppo al frutto della passione. Al posto della confettura pere cotte alla cannella o frutta fresca. Al posto delle creme insaporite con vaniglia e cioccolato utilizziamo latte (anche di soia o di mandorla), nutella, mascarpone, caffè, ricotta o le sostituiamo con crème brûlée (o caramel) o gelato.

A mia nonna queste scelte sarebbero molto piaciute (è sempre stata golosa quanto me), agli inglesi non lo so. Ma in realtà non avrebbero il diritto di dire alcunché in quanto questo dolce in Gran Bretagna non esiste. L’origine reale è dubbia: si va dalla “Zuppa del duca” toscana alla “Zuppetta di visciole” e “Marangone alla maniera di più maniere” di Vincenzo Agnoletti (il quale precisa: Invece del pane di Spagna vi potrete servire di cialdoni, ed allora gli si dà il nome di gattò alla fiamminga, invece di chiamarlo Zuppa inglese), fino ad arrivare a Pellegrino Artusi, che nel 1881 codifica la ricetta come oggi la conosciamo, con l’alchermes al posto del rosolio (Massimo Bottura testimonia che Secondo mia nonna il nome deriva dal liquore rosa che si sparge, a gocce, sull’ultimo strato di savoiardi, in un gesto decorativo che ricorda la forma dell’Union Jack) e, anziché le conserve di frutta, la crema al cioccolato.

Dimenticata per alcuni anni, in quanto dolce molto calorico, ritorna prepotente dopo gli anni Duemila come riscoperta e reinterpretazione delle tradizioni. Creandone monoporzioni. Proponendola scomposta (a quadretti separati spalmati di crema) o a rotolo. Inventando una ibrid cake tra zuppa inglese e crostata variegata al limone, a cui dare il nome di “cruppa”. Trasformandola in un gusto di gelato. Dandole un gusto salato: Anthony Finn cucina una zuppa inglese di cavolfiore, facendone una purea con la panna che alterna a brioche e gelatina al pompelmo. Ispirandola alla cucina molecolare: Franco Aliberti, a Identità Golose 2012, l’ha presentata in bolla, sostituendo l’acqua al latte, creando un savoiardo al cardamomo leggero ma compatto e sormontandolo con bolle di vaniglia, cacao e alchermes.
Ecco, davanti a tanta fantasia sia mia nonna che gli inglesi sarebbero rimasti sorpresi!

Coinquilin* di mangioscrivo