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 "Voglia di rinascita"

 

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 Attentato alle Torri Gemelle e al Pentagono. New York.

 Uno di quegli eventi talmente fuori dalla norma che ognun∂ di noi ricorda perfettamente cosa stesse facendo alle 13:46 (ora italiana) di quella giornata.

 Io, per esempio, ero in ufficio dai miei genitori e cercavamo di capire come funzionasse il computer appena arrivato. Entrò uno degli operai dicendo che doveva andare a casa perché aveva sentito alla radio che in America era successo qualcosa di molto grave e lui voleva rintracciare la figlia, che vive là, e parlarle. Ci telefonò poco dopo per dirci che lei stava bene, ma a New York era il panico perché due aerei avevano colpito le Twin Towers e un altro il Pentagono.

 Tornai a casa e vidi coi miei occhi, al telegiornale, in diretta, quei due immensi edifici crollare uno dopo l'altro come fossero un soufflé. Pensai alle persone là sotto intrappolate, al fuoco, al fumo, alla paura, ai calcinacci.. e alla guerra.

 "Siamo in guerra", pensai. Tutto quello che mi avevano raccontato, sulle bombe, sui rifugi, sul nucleare, era la verità...davanti ai miei occhi.

Dopo un primo periodo in cui nessun film o documentario poteva essere girato a Manhattan perché vedere quei crateri dove prima erano posizionati i due simboli della città era troppo doloroso, si è ricominciato a parlarne.

Ciò che è successo lo sappiamo, ma va anche analizzato e capito, perché è un fatto storico.

   

  Paolo Colombo, docente di storia all'Università Cattolica di Milano, racconta quella giornata nel podcast 8:46 (2021, Chora Media). Il suo "slogan" è: Si può raccontare la stessa storia e non farne la solita storia. 

 Quella che sceglie di raccontare è fatta di dettagli. La hostess che, avvisando la torre di controllo di un uomo pugnalato in prima classe, sbaglia il numero del volo, e dice 12 e non 11. La radio di bordo accesa per sbaglio dai dirottatori che fa credere che un solo aereo sia stato preso. Le piastrine di 20x12cm che, surriscaldandosi, causano il crollo di tutta la struttura delle torri.

 Quella che sceglie di raccontare è fatta di obiettivi. E quello di Osama Bin Laden era colpire nei punti di forza del proprio nemico. Prima di tutto in quelle torri che svettavano verso il cielo come a voler avvicinarsi a Dio e che erano anche perfettamente inquadrabili dalle televisioni di tutto il mondo: farle "sanguinare" col fuoco significava mostrare che il sogno americano per qualcun∂ era un incubo, un imperialismo e uno sfruttamento e che non lo si voleva più sopportare. E poi il Pentagono, che è il luogo dove si prendono decisioni e al Qaida voleva far sapere che c'era chi non era d'accordo e a non esserlo erano persone pronte a sacrificarsi per le proprie idee.

 Quella che sceglie di raccontare è fatta di amore. Perché negli ultimi momenti di vita, quello che si fa è dire "ti voglio bene" (Paolo Colombo legge alcuni di quei messaggi, e sono teneri, strazianti, terribili e commoventi al tempo stesso). Poi, sempre in nome dell'amore. si cerca di sopravvivere (come coloro che sono riusciti a far cadere uno degli aerei in Pennsylvania anziché sulla Casa Bianca) o di morire con dignità (come il "falling man" o "la donna dai capelli rossi"). 

 

  Una volta rimosso il cumulo di macerie alto 36metri e largo 65mila mq che una volta erano le Torri Gemelle, ci si interroga sul valore delle vite umane... di quelle vite perse in quell'attentato.

 Se lo domanda il film "Worth - Il patto" (2021, di Sara Colange).

 L'idea generale è quella di limitare le cause contro le linee aeree usando un risarcimento per impedire ai familiari di intentarle. Un risarcimento standard, che non tenesse conto di età, impiego, estrazione sociale, razza.

 Kenneth Feinberg (Michael Keaton) è un mediatore e accetta l'incarico perché pensa di aiutare le persone, ma ben presto si accorge che non è semplice. La politica si mette in mezzo e così i sentimenti dei familiari delle vittime (di cui non si ha ancora una stima precisa - saranno quasi 3mila)...

 Ogni persona ha una storia diversa....una storia che è stata tragicamente spezzata lasciando dolore e preoccupazioni, anche di carattere economico. Come dare loro la pace e la tranquillità?

 

 E mentre New York cerca di ritrovare un senso a ciò che è accaduto e a ricostruire una normalità dalle macerie, c'è bisogno di punire i responsabili, e lo racconta "Zero dark thirty" (2012, di Kathryn Bigelow).

 Il film si apre al buio, sulle voci delle vittime dell'11 settembre 2001. E continua due anni dopo quando Maya Lambert assiste agli interrogatori (anche brutali) per scoprire chi fa parte del Gruppo Sandita che li ha commissionati e dove e quando hanno progettato altri attentati e, soprattutto, dov'è Osama Bin Laden.

 Trovarlo diventerà il compito che si è prefissata, dopo aver assistito a traumatici eventi, e lo perseguirà per dieci anni come unico obiettivo, nonostante la Cia la accusi di cercare un fantasma sprecando risorse preziose, come fosse una pazza visionaria.

 Il titolo è riferito all'orario (mezzanotte e mezza) in cui inizia l'operazione di cattura.

 Jessica Chastain regge molto bene il peso di un film impegnativo e coinvolgente, creando un personaggio tenace, ma anche compassionevole.

 Kathryn Bigelow invece si conferma, dopo "The hurt locker", una regista capace di indagare e non tacere ogni aspetto della guerra, che prevede non solo bombe e fucili, ma anche studio, intercettazioni, minacce, operazioni segrete, contatti, spostamenti, attese snervanti, localizzazioni e, soprattutto, coraggio. Ma è anche una lotta di potere spietata e sessista, dove si è tutt3 bersagli.