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 "Voglia di rinascita"

 

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Associamo sempre la cenere a qualcosa di negativo: i resti di un defunto o di una sigaretta, per esempio. Difficilmente la pensiamo come la brace che ci aiuta a cucinare un variegato barbecue.


 Eppure gli esempi sono tanti. Nel 1474 il Platina metteva i tartufi nella cenere calda dopo averli lavati col vino. Gli Antichi Greci vi cuocevano il pane. Columella giustificava il nome scientifico del carciofo, Cynara, col fatto che richieda un terreno di coltivazione concimato con la cenere (e non solo: altri autori indicano quelle del Vesuvio fondamentali nella produzione del Pomodoro San Marzano e quelle dell’Etna per il vino).

 Molti cibi della tradizione usano la cenere per ottenerne gusti particolari: il baccalà arraganato molisano (con noci e uvetta), per esempio, cuoce nel camino completamente ricoperto di cenere; allo stesso modo fanno altre specialità regionali come la torta al testo umbra, i fagioli al fiasco toscani, l’agnello arrosto della montagna reggiana.

Si tratta però di un materiale ancora tutto da sperimentare e i ricettari di cucina iniziano a nominarlo spesso. La cenere di cedro si aggiunge alla zuppa di mais. Viviana Varese la ricava da potature di limone bruciate e vi cuoce le patate; Giancarlo Polito invece le preferisce con quelle d’ulivo e ramoscelli di ginepro. In Cina aggiungono la cenere al tè per creare un impasto con cui ricoprire un uovo, sepolto in un vaso sotto terra e recuperato solo dopo 100 giorni (non anni, come suggerisce il titolo di questa specialità). Massimo Bottura, in occasione delle Olimpiadi 2012, ha marinato un filetto di chianina nel latte, l’ha passato in cenere di carbone e l’ha cucinato sottovuoto; oggi nella sua Osteria propone un pezzo di merluzzo nero coperto di cenere in brodo di katsuobushi (ispiratogli da un ascolto al buio di Thelonius Monk). René Redzepi usa legni diversi (per esempio vite di Barolo) per ottenere aromi differenti e ne arricchisce i piatti per cui è famoso in tutto il mondo: dal purè di patate al dessert di yogurt e caramello. Carlo Cracco vi copre astice blu allo spiedo e glassato in scalogno e bruscandoli alla birra: Il legno dà note tostate.

Oltre a quella strettamente legata alla cottura dei cibi, la cenere però ha anche funzioni, sempre in campo gastronomico. Messa in un foglio di carta da pacchi viene strofinata sull’anguilla per ridurne la vischiosità. Una soluzione filtrata di acqua e cenere ammorbidisce i ceci o i grani di mais o l’uvetta. Conserva salumi e formaggi (tra cui il Sottocenere veneto). È da quelle delle canne palustri che si ottiene il rarissimo sale della comunità Bukusi, in Kenya.

Se siete curiosi e volete sperimentare questo ingrediente, ma avete paura, provate a mettere sotto cenere qualcosa di semplice, come le patate o il sedano rapa (che avrà il gusto tipico dell’arrosto) o le salsicce…ma io vi consiglio di metterci anche una bella melanzana e lasciarvela finché la buccia è croccante e dentro è morbida: mangiatela al cucchiaio con sale e mozzarella stracciata, accompagnandola con del buon pane e poi cambierete subito idea sulle associazioni tristi della cenere!

 

Coinquilin* di mangioscrivo