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 "Caldo & Tv"

 

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 È la bambola più venduta al mondo, dagli anni Sessanta ad oggi, quindi so che ne hai avuta in mano almeno una. 

 Barbie è l'adulta che avresti voluto essere: bel viso, bel corpo, capelli perfetti, abiti iper femminili.

 Così aderente a certi canoni di bellezza che aveva già il piede predisposto per i tacchi (praticamente viveva sulle punte) ed era già truccata (nemmeno gli occhi poteva chiudere).

 Dopo averla vestita e pettinata, le creavi un ambiente in cui vivere, una casa, un marito (nel mio caso l'eunuco Ken o il vigoroso Big Jim, a cui Mattel aveva dipinto le mutande sul corpo perché non mi venisse mai in mente di togliergliele), una sorella, delle amiche...

 Pensa quindi un attimo a come giocavi con Barbie: ecco, quella è la vita che immaginavi per te. Mettevi in scena il tuo futuro, le tue aspirazioni, i tuoi sogni... la tua idea di vita perfetta.

 Per alcune di noi, però, la vita perfetta era troppo impegnativa, lontana dallo nostra realtà ed estremamente noiosa... ci stancavamo presto di vederla rappresentata nei giochi, dato che iniziavano a chiederla anche a noi. E come si reagisce all'estrema perfezione? Rompendo tutto.

 Ecco allora che a Barbie tagliavi i capelli, staccavi le braccia, strappavi i vestiti, disegnavi la faccia, rosicchiavi mani e piedi... facendolo quasi con rabbia. 

 Quindi la ribellione di Barbie era la nostra ribellione.

 Era in evoluzione, come noi che diventavamo teenager. Perciò, prima di abbandonarla in qualche angolo della casa, le facevamo vivere una vita diversa, più indipendente, in cui avrebbe voluto togliere le mutande a Big Jim e sperimentare posizioni sessuali compatibili con la sua mobilità articolare e poi sarebbe invecchiata e morta.

 Immaginati perciò cosa ho pensato quando ho visto, sul grande schermo, la mia Barbie, proprio questa della foto, vestita uguale, nel film di Greta Gerwig con i capelli biondi e gli occhi azzurri di Margot Robbie!!! Ho pensato: "Ok, non l'ho pensato solo io". (Il gioco di parole è fatto apposta, non biasimarmi per la ripetizione)

 Perché la prima parte del film è "zuccherosa" e mi ha fatto tornare bambina, vedendo tutti gli abiti e gli accessori che avrei tanto voluto. C'è tutta la mia infanzia e quella delle mie amiche.

 Ma c'è anche la nostra evoluzione nel momento in cui abbiamo pensato che stavamo diventando grandi, perché a un certo punto Margot Robbie chiede alle altre Barbie (di cui lei rappresenta lo stereotipo): "Avete mai pensato di morire?"

 Ecco, è lì che il gioco e il divertimento si interrompe. Nel film come nella vita. Nel momento in cui il primo pensiero cupo ti assale la mente. La felicità cade di colpo come i piedini sollevati da terra: non sei più una bambola, ma sei una persona.

 L'istinto è quello di buttarti a terra e aspettare che qualcun∂ ti salvi. Ma quel qualcun∂ non è quasi mai un uomo (nel caso specifico Ken, il quale invece, vivendo nel mondo umano impara all'istante e alla perfezione tutte le regole del patriarcato ed è in grado di riprodurle), ma un'altra donna... anzi, altre donne. 

 Tu e Barbie vi rendete conto che non si può vivere giocando (o solo giocando) tutto il tempo. E che la società continua a volerti estremamente perfetta e molto affine allo stereotipo e concentrata solo sullo sguardo di un fidanzato adorante, mentre la tua forza sta proprio in tutto l'opposto, ovvero nella tua imperfezione, nella tua unicità e nella sorellanza (anche con i Ken).

Apparentemente Barbie ancora una volta ti ha indicato come fare. Ma non è stata lei. Sei stata tu. Sei sempre stata tu.